Tra sanatorie edilizie e vincoli paesaggistici, non esistono scorciatoie: la legge è inflessibile. Il Consiglio di Stato ribadisce che senza nulla osta paesaggistico nessun abuso può essere regolarizzato, nemmeno dopo anni.

Nel complesso mondo delle sanatorie edilizie, il Consiglio di Stato ha recentemente confermato un principio fondamentale: senza l’approvazione della Soprintendenza, le opere abusive in aree vincolate dal paesaggio non possono essere regolarizzate. Questo verdetto chiarisce un aspetto cruciale che non ammette eccezioni.
Sanatoria e vincoli paesaggistici: limiti non superabili
Possiamo sanare edifici abusivi situati in aree sottoposte a vincolo paesaggistico? La risposta è categoricamente negativa. Il Consiglio di Stato evidenzia che le motivazioni legali impediscono qualsiasi deroga in questo ambito. Un caso specifico ha recentemente visto un proprietario chiedere sanatoria per un immobile abusivo. La sua richiesta è stata però respinta, sia dall’amministrazione comunale sia dal Consiglio di Stato.
Pur sostenendo di avere diritto alla sanatoria, poiché non aveva mai ricevuto comunicazioni sui motivi ostativi, la ditta si è vista negare la richiesta a causa della mancanza dell’autorizzazione paesaggistica. Il Consiglio di Stato ha sottolineato che, senza tale via libera, nessuna opera potrebbe mai essere sanata, indipendentemente dalla loro stabilità o dal tempo trascorso dalla loro costruzione.
Il quadro normativo: un vincolo ineludibile

La normativa sull’edilizia stabilisce chiaramente i limiti della sanatoria in presenza di vincoli paesaggistici. L’articolo 36 del Testo Unico dell’Edilizia, ad esempio, permette la sanatoria solo in presenza di doppia difformità urbanistica, ma questo non è sufficiente nelle aree tutelate. Inoltre, l’articolo 146 del Codice dei beni culturali esige l’autorizzazione paesaggistica prima di qualsiasi altro titolo edilizio.
Solo in rarissime eccezioni, un’opera abusiva potrebbe essere sanata, ad esempio se fosse antecedente all’imposizione del vincolo e non incrementasse la superficie o il volume della struttura, sempre che venga ricevuto un parere favorevole dall’autorità competente.
Il Decreto Salva Casa e le sue limitazioni
Il recente Decreto Salva Casa introduce semplificazioni per le lievi difformità, sollevando nuovi interrogativi riguardo la sanatoria edilizia. Tuttavia, anche in questo contesto, non emerge una via di sanatoria che prescinda dall’autorizzazione paesaggistica. Il silenzio assenso non si applica nei casi di vincolo paesaggistico: la Soprintendenza deve sempre esprimersi, e senza il suo nulla osta, non è possibile sanare alcuna opera.
Il Consiglio di Stato, attraverso la sentenza n. 7597 del 29 settembre 2025, rafforza ulteriormente questo concetto. L’ordine di demolizione non necessita di giustificazioni maggiorate, nemmeno se emesso molti anni dopo l’abuso. La permanenza dell’abuso non genera mai un accecamento legittimo alla sua conservazione. Il vincolo paesaggistico mantiene una natura imperativa e prevalente, che non può essere contraddetta da alcuno strumento urbanistico comunale, anche quando la zona è considerata a tutela limitata.
Una meditata riflessione per il futuro
L’importanza del rispetto dei vincoli paesaggistici risiede nella loro capacità di proteggere beni culturali e naturali di valore inestimabile. Qualsiasi tentativo di sanatoria deve inevitabilmente basarsi sull’ottenimento preventivo delle autorizzazioni necessarie. Questa posizione, ribadita con forza dal Consiglio di Stato, sottolinea l’inflessibilità della normativa, che non ammette deroghe o scorciatoie.
