Con l’invecchiamento della popolazione e un tasso di natalità in calo, l’Italia deve affrontare gravi sfide economiche per garantire la sostenibilità del sistema pensionistico.

L’Italia si trova ancora una volta sotto la lente di Bruxelles, che lancia l’ennesimo avvertimento sul sistema pensionistico del Bel Paese. Con i vincoli finanziari che si stringono come una morsa, la tanto attesa riforma delle pensioni sembra allontanarsi sempre di più. L’allarme lanciato dalla UE non è una novità, ma risuona forte e chiaro: il quadro economico nazionale zoppica mentre il futuro delle pensioni diventa sempre più incerto.
Le critiche dell’Unione Europea accompagnano da tempo il dibattito sulle pensioni in Italia, sottolineando come l’attuale spesa pubblica renda praticamente impossibile pensare a una riforma significativa. L’aumento dei costi per il sistema previdenziale grava pesantemente sui conti pubblici italiani, sollevando interrogativi sulla sostenibilità a lungo termine. É una realtà che non ci sorprende. Il mix di una popolazione sempre più anziana e tassi di natalità in calo dipinge un futuro cupo per la previdenza sociale. Come potrà il sistema sopravvivere quando il numero di pensionati supera sempre più quello dei lavoratori? A complicare la situazione, si aggiunge il fatto che le uscite dell’INPS comprendono anche sussidi e ammortizzatori sociali, aggravando ulteriormente lo squilibrio finanziario.
La UE premono sul sistema: più età e contributi, meno riforme
Il messaggio da Bruxelles è chiaro e senza mezzi termini: l’Italia deve prendere provvedimenti immediati per correggere il tiro. Qualsiasi speranza di riforme pensionistiche che introducano misure più vantaggiose si scontra con la dura realtà di una sostenibilità finanziaria a rischio. La Commissione Europea ripete che è necessario un aggiustamento, minaccia implicita che il tanto atteso decreto Meloni potrebbe non arrivare. Spostare in avanti i requisiti minimi per accedere alla pensione potrebbe essere l’unica soluzione per mantenere l’equilibrio e placare le preoccupazioni dell’UE. Così, l’Italia rischia di dire addio a ogni aspirazione di riforma pensionistica significativa. Con crescente disparità tra il numero di pensionati e lavoratori, il governo italiano non ha altra scelta se non quella di adeguarsi.
Un problema europeo: Italia e altro stati sotto il microscopio

Non è solo l’Italia a subire la pressione dell’Unione Europea. Altri paesi, come Romania, Bulgaria e Austria, navigano in acque simili. Tutti si avviano verso un pericoloso deficit previdenziale che entro trent’anni potrebbe superare il 4% del PIL. Questo richiede, secondo Bruxelles, un intervento immediato. Guardando avanti, entro il 2070, l’Italia potrebbe ritrovarsi seconda solo alla Spagna per la più alta spesa pensionistica, con il 15,5% del PIL destinato a questo scopo. Il Belgio seguirà a ruota, ma restando sotto al 16%. La possibilità di un aumento dei requisiti per l’età pensionabile non è solo una plausibile opzione, ma forse l’unico percorso che il governo deve considerare. Ridurre le aspettative di vita e rivedere i coefficienti di calcolo sono altre misure che potrebbero contribuire a ridurre le spese, trovando un fragile equilibrio tra esigenze nazionali e requisiti europei.