Sempre più giovani laureati si mostrano riluttanti ad accettare impieghi con retribuzioni giudicate insufficienti rispetto al proprio percorso di studi. Ma quali sono le lauree che offrono davvero le migliori prospettive economiche?.

La laurea è un investimento: ma quanto rende?
L’università rappresenta un impegno importante, sia in termini economici che di tempo. Chi sceglie di proseguire gli studi dopo la Maturità spesso lo fa anche con uno sguardo al futuro: vale la pena sostenere anni di formazione se poi il ritorno, in termini di guadagno, è concreto. Secondo i dati dell’Osservatorio JobPricing, la risposta è sì, soprattutto guardando al lungo periodo. Un laureato tra i 25 e i 34 anni guadagna in media il 22,6% in più rispetto a chi ha solo il diploma. La distanza cresce con l’età: tra i 35 e i 44 anni il divario sale al 38%, arrivando al 79% oltre i 55 anni. Insomma, il vantaggio economico della laurea si consolida nel tempo, anche se i primi anni possono risultare meno gratificanti sotto il profilo salariale.
Stipendi iniziali: i numeri dicono tutto
Un anno dopo la laurea, gli stipendi non fanno gridare al miracolo: in media, secondo AlmaLaurea, si parla di 1.384 euro netti per i laureati di primo livello e 1.432 euro per quelli di secondo. L’indagine, che ha coinvolto circa 300 mila laureati italiani nel 2023, evidenzia una tendenza al rialzo rispetto agli anni precedenti. Tuttavia, l’inflazione e l’aumento del costo della vita hanno inciso in modo pesante sul potere d’acquisto reale: nel 2023 le retribuzioni effettive sono diminuite dell’1,4% per i laureati triennali e dello 0,5% per quelli magistrali. A pesare è anche la diffusione del lavoro part-time, che interessa ancora una quota significativa: 18,4% tra i triennali e 13,8% tra i magistrali.
Quali corsi di laurea offrono gli stipendi più alti?

Non tutte le lauree sono uguali quando si guarda al portafoglio. Le più redditizie a cinque anni dal conseguimento del titolo sono quelle in informatica e tecnologie ICT (2.146 euro netti al mese) e in ingegneria industriale e dell’informazione (2.088 euro). Seguono economia (1.877 euro), architettura e ingegneria civile (1.838 euro), e il settore medico-sanitario (1.817 euro). Decisamente più basse le retribuzioni per chi sceglie ambiti come educazione e formazione (1.412 euro) o psicologia (1.470 euro). Eppure, anche in questi casi, la crescita nel lungo termine può essere significativa. I maggiori aumenti salariali a cinque anni dal titolo si registrano proprio in alcuni dei settori inizialmente meno retribuiti, come scienze motorie, agraria e psicologia, segno che la pazienza può premiare.
Oltre allo stipendio, conta anche la possibilità concreta di trovare un impiego. Nel 2023, secondo AlmaLaurea, i livelli occupazionali dei laureati si sono mantenuti stabili o superiori a quelli pre-pandemia. Tra i laureati di primo livello, il 34,9% ha ottenuto un contratto a tempo indeterminato, mentre tra quelli di secondo livello la quota scende al 26,5%, segnale che i contratti formativi o a termine sono ancora molto diffusi nei primi anni post-laurea. Lo smart working, invece, è in calo: riguarda il 15,7% dei laureati triennali e il 24,9% dei magistrali, soprattutto in ambiti come informatica, consulenza, comunicazione e finanza. Quando si sceglie il proprio percorso universitario, però, lo stipendio non dovrebbe essere l’unico parametro da considerare. Come ricorda l’orientatrice Cristina Polga, “se non si hanno passioni chiare, è fondamentale chiedersi cosa si è disposti a fare ogni giorno: uno stipendio allettante non compensa un lavoro che non si sopporta