Il governo punta a ridare forza alla misura, includendo nuove categorie come caregivers e addette a lavori usuranti.Le recenti discussioni, accese dalle dichiarazioni di alcuni membri del governo, puntano a radicali rivisitazioni nella legge di Bilancio di quell’anno, sollevando un acceso dibattito su come queste politiche potrebbero evolversi.

Nuove prospettive per “opzione Donna”
Attualmente, il governo è impegnato a rivedere a fondo le politiche previdenziali, considerando aggiustamenti come Quota 41 per chi ha raggiunto i 62 anni e nuove implicazioni legate all’ISEE. Tuttavia, è stato l’intervento del sottosegretario Claudio Durigon a innescare un rinnovato interesse nel pubblico. In un’intervista al Corriere della Sera, Durigon ha delineato chiaramente l’intenzione del governo di “bloccare l’aumento di tre mesi dei requisiti per la pensione di vecchiaia, previsto dal 2027” e di “estendere l’uscita a 64 anni con 25 anni di contributi”. Questa strategia, che include il convogliamento del TFR in un nuovo panorama previdenziale, potrebbe rappresentare una svolta significativa.
Fra le idee più discusse vi è la trasformazione di “Opzione Donna”. In tempo passato, questa misura aveva suscitato ampio dibattito: se da alcuni acclamata, da altri criticata per l’accessibilità limitata. In modo sorprendente, piuttosto che essere eliminata nel 2026, alcuni segnali indicano che il governo stia considerando un suo potenziamento. Questo avviene in un contesto dove Quota 103 potrebbe cessare di esistere, con la chiusura prevista per il 31 dicembre 2025 che ora sembra meno certa.
Ostacoli e opportunità
Negli ultimi anni, “Opzione Donna” ha incontrato significative difficoltà, tanto da essere etichettata come un insuccesso. Il numero di beneficiarie è sceso drasticamente, complice l’esaurimento della “platea naturale delle beneficiarie” citato da Durigon. Come intende il governo ravvivare questa misura? Le attuali limitazioni hanno di fatto ristretto il novero delle lavoratrici eleggibili. All’inizio, tutte le donne con 35 anni di contributi e un’età minima di 58 anni per le dipendenti (59 per le autonome) potevano accedervi. Al momento, però, solo alcune categorie specifiche, come le invalide, le caregivers o coloro che sono state licenziate, sono idonee, con l’età pensionabile rivista al rialzo tra 59 e 61 anni a seconda delle circostanze.
Potenziamento di “Opzione Donna”: quali scenari?

Interpretare le dichiarazioni di Durigon può sembrare una sfida. Cosa intende il governo con “potenziare”? Potrebbe significare un ritorno alla natura originaria della misura, eliminando gli attuali vincoli e ripristinando l’età pensionabile iniziale di 58 anni per le dipendenti e 59 per le autonome. Un’opzione accattivante, considerando che la versione odierna non attrae più come un tempo.
Un’altra strada potrebbe prevedere lo smantellamento del sistema contributivo puro in favore di un metodo misto di calcolo. Tuttavia, dato l’assetto di “Opzione Donna”, un tale cambiamento sembra improbabile. Più realistica appare l’opzione di ampliare la gamma di lavoratrici eligibili, includendo forse chi svolge lavori faticosi o usuranti.
Infine, il destino di “Opzione Donna” sarà deciso dalle future scelte legislative. La curiosità è alle stelle: riusciranno le nuove misure annunciate a rivoluzionare il sistema di pensionamento anticipato per le donne, accogliendo una più vasta gamma di lavoratrici in Italia?