In centinaia ricevono richieste di rimborso da oltre 10.000 euro per presunte irregolarità sul bonus nido. Le famiglie si difendono: “Abbiamo seguito le regole”. Possibile class action in arrivo e polemiche sull’assenza di trasparenza da parte dell’INPS.

Un’ondata di notifiche, simile a un fulmine a ciel sereno, ha colpito numerose famiglie in provincia di Salerno, con particolare accanimento su quelle del comune di Altavilla Silentina. L’INPS ha inviato richieste che esigono la restituzione del bonus nido, con importi esorbitanti, alcuni dei quali superano i 10.000 euro, da restituire entro 30 giorni.
Un aiuto che diventa uno stress inatteso
Nel turbine del caos, molte famiglie, che fino a poco tempo fa credevano di poter contare su un aiuto concreto, si ritrovano ora a fare i conti con un aggravamento delle loro già precarie condizioni sia economiche sia sociali. Ma cosa si cela dietro queste richieste di rimborso improvvise? Il bonus nido, previsto dalla legge n. 232 del 2016, è stato concepito per sostenere le famiglie nei costi dell’infanzia, offrendo un aiuto per le spese scolastiche dei piccoli. Le somme erogate variavano tra 1.500 e 3.600 euro annui, dipendenti dal valore ISEE della famiglia e dalla data di nascita dei bambini. Paradossalmente, quello che doveva essere un sostegno si è trasformato in un pesante fardello.
Una nuova strutturazione per il 2025
Per l’anno 2025, il bonus nido ha subito una riorganizzazione: l’età dei bambini diviene il criterio principale per la distribuzione dei fondi. Per chi nasce dopo il 1° gennaio 2024, il contributo può toccare i 3.600 euro l’anno per le famiglie con un ISEE fino a 40.000 euro. Per chi supera questo tetto o non presenta l’ISEE, l’importo si riduce a 1.500 euro. Diversa la sorte per i nati prima di questa data: il bonus spazia dai 3.000 euro per famiglie con ISEE sotto i 25.000,99 euro, ai 2.500 euro per chi ha un ISEE compreso tra 25.001 e 40.000 euro, fino ai 1.500 euro per chi non raggiunge i requisiti. Tuttavia, questi fondi sono disponibili solo se le spese scolastiche vengono documentate correttamente. E qui iniziano a sorgere i problemi.
INPS e la rete delle restituzioni
Numerose famiglie, convinte di aver adempiuto a tutte le pratiche nel modo corretto, si ritrovano ora nel mirino dell’INPS. L’ente giustifica le richieste di rimborso parlando di “percezione indebita”, segnalando che verifiche post erogazione hanno portato alla luce irregolarità. In particolare, i controlli si sono focalizzati su asili non riconosciuti ufficialmente o al di fuori delle convenzioni pubbliche, e su ricevute non conformi alle normative vigenti. Una situazione che dovrebbe essere stata di supporto si è trasformata in una fonte di stress per molti contribuenti, con un sistema di controllo che ha trovato parecchie falle.
Reazioni locali e la possibilità di un ricorso collettivo

Ad Altavilla Silentina, l’impatto della decisione dell’INPS è stato notevole: le famiglie si vedono costrette a restituire somme importanti in tempi brevissimi. Si sta delineando l’idea di una class action contro l’INPS, basata sul principio della buona fede amministrativa. I cittadini coinvolti sostengono di aver seguito tutte le procedure correttamente e chiedono chiarezza sulle responsabilità riguardo le verifiche e la gestione delle pratiche. Al momento, il silenzio dell’INPS accresce il malcontento e alimenta l’incertezza. Le famiglie chiedono non solo una sospensione immediata delle richieste di rimborso, ma anche di avviare un tavolo tecnico-giuridico che possa valutare ogni caso singolarmente, trovando soluzioni adeguate per ogni situazione.
Se Altavilla Silentina è solo un caso isolato o il preludio a un fenomeno di portata nazionale è la domanda che, senza dubbio, molti si pongono. Questo scenario evidenzia una crisi di fiducia nelle istituzioni che dovrebbero garantire il welfare pubblico. Le richieste di rimborso senza alcuna possibilità di replica preventiva rappresentano un duro colpo per il rapporto tra cittadini e amministrazione.