Le famiglie del Nord spendono di più anche in beni non alimentari, mentre al Sud cresce la quota destinata all’alimentazione.Bolzano e Monza-Brianza seguono Milano nella top 10 delle città con la spesa più alta: al Sud i consumi restano sotto la media nazionale.

Quando Milano fa la differenza
In Italia, le aree urbane del Settentrione dominano le classifiche per spesa pro capite. Perché accade? Semplice: le famiglie in queste regioni dispongono di un reddito medio più alto e di una più vasta gamma di beni e servizi. Nel 2023, secondo il Centro Studi delle Camere di Commercio, Milano guida il gruppo delle città più “spendaccione”, con un consumo annuo medio per abitante di 30.993 €, rappresentando l’8,3% della spesa totale nazionale.
Altre città del Nord seguono l’esempio milanese: Bolzano vanta un consumo di 29.146 € e Monza-Brianza si attesta a 26.714 €. Anche Como mantiene un profilo elevato nel panorama della spesa, con cifre superiori alla media nazionale di 25.510 €. Il divario con il resto del Paese non si limita ai numeri: esso racconta di un differente approccio al consumo, dove la voglia di sperimentare nuovi stili di vita è più pronunciata.
Top 10 delle provincie spendaccioni
Il ritratto della spesa nelle province italiane vede una chiara prevalenza delle aree settentrionali. Ma chi sono i primi della classe? Un resoconto recentissimo ci offre una lista eloquente per quanto riguarda la spesa annua pro capite:
- Milano: 8,3%
- Roma: 8,2%
- Torino: 4,2%
- Napoli: 3,9%
- Bologna: 2,1%
- Brescia: 2,1%
- Bergamo: 2%
- Firenze: 1,9%
- Monza-Brianza: 1,9%
- Bari: 1,9%
Quest’elenco sottolinea non soltanto una tendenza, ma una realtà ben radicata che il Nord sia avvantaggiato per disponibilità economica e capacità di spesa.
Spesa essenziale nel meridione
Al Sud, il quadro economico e sociale si tinge di sfumature completamente diverse. Qui, le provincie quali Foggia hanno un consumo su base pro capite di appena 13.697 €, e in regioni come la Calabria e diverse aree della Sicilia, i consumi scendono addirittura sotto i 16.244 €, secondo i dati del Mezzogiorno. Le famiglie devono quindi modulare le loro spese con priorità alle necessità di base piuttosto che ai lussi superflui.
La disponibilità di reddito, segnata da stipendi inferiori e alti tassi di disoccupazione, non consente grandi voli verso beni e servizi “extra”. L’accento è posto dunque su una maggior parsimonia e su una spesa più mirata verso ciò che è essenziale.
Focus nelle regioni del Sud

L’aspetto più significativo riguarda la composizione della spesa: nei contesti meridionali e insulari, un’importante porzione del budget domestico è dedicata a cibo e bevande. Qui, questa categoria rappresenta il 26% della spesa complessiva, un dato contrastante rispetto all’11% che si rileva al Nord.
Aree come la Campania, la Sicilia e la Puglia mostrano questo orientamento verso il consumo alimentare, mentre nelle zone più ricche come Milano, l’attenzione si sposta verso un ampliamento delle spese in servizi, tecnologia, cultura e attività ricreative. Questo spartiacque nei consumi illumina diversi modi di vivere lungo lo stivale, delineando una frattura tra le priorità del Nord e del Sud.
La nostra indagine attraverso questo “Atlante della Spesa” mette in risalto un’Italia divisa, ma vibrante di diversità. Alla fine, la spesa non è solo una questione di cifre, ma di scelte che raccontano delle comunità, delle loro aspirazioni e limitazioni. Con queste differenze, come potrebbe essere altrimenti?