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La sfida dell’immobiliare italiano: piccole quote in Borsa e grandi prospettive di crescita

La sfida dell’immobiliare italiano: piccole quote in Borsa e grandi prospettive di crescita
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Nonostante l’importanza del settore, l’Italia arranca in Borsa mentre la Spagna guida la corsa con un mercato immobiliare quotato brillante.

Il mercato immobiliare italiano, pur rappresentando una frazione significativa del PIL nazionale, fatica a trovare una posizione forte nel panorama delle borse valori europee. Scorriamo un’analisi che rivela le ombre e le sfide di un settore che in patria sembra intrappolato in una sorta di letargo, mentre altrove esplode con vitalità.

Un panorama desolante per l’immobiliare italiano

In un rapporto della SDA Bocconi School of Management, in collaborazione con il Consiglio Nazionale dei Centri Commerciali (Cncc), emergono dati significativi: in Italia, appena lo 0,06% del patrimonio immobiliare commerciale è quotato in Borsa. Un valore che stona se confrontato con la Spagna, dove quasi un centinaio di società immobiliari fluttuano liberamente sui mercati. Questo gap evidenzia una criticità da indirizzare con riforme mirate e incentivi ben studiati.

Le poche società immobiliari quotate nel nostro Paese, nonostante la ricchezza immobiliare che contribuisce al 19% del PIL, soffrono una capitalizzazione complessiva esigua rispetto al loro potenziale. Basti pensare che le prime cinque società immobiliari italiane non toccano nemmeno i 600 milioni di euro in capitalizzazione. Questo mette in luce l’urgenza di un piano di intervento efficace per risvegliare un settore dormiente.

Reit italiani: un confronto impietoso

Le Società di investimento immobiliare quotate (Siiq) italiane si sono rivelate ben lontane dal divenire catalizzatori di crescita, come auspicherebbe il loro modello teorico. La loro performance di Borsa è in calo, posizionandosi mediamente al 75% sotto il valore netto degli asset. Se confrontiamo la capitalizzazione dei Reit italiani con quella di altri Paesi, il divario è lampante: 600 milioni di euro contro i miliardi della Spagna e della Germania. Inoltre, la normativa fiscale italiana, con la sua imposta d’ingresso fissata al 20%, rappresenta un ulteriore ostacolo al consolidamento di questo strumento finanziario.

Tuttavia, non tutto è perduto. Gli esperti suggeriscono soluzioni pragmatiche, come la creazione di un listino dedicato alle Siiq startup, che favorirebbe l’ingresso e l’afflusso di capitali internazionali. La riduzione delle barriere fiscali sulla tassazione degli immobili potrebbe aprire nuove prospettive per gli investitori, stimolando un clima più favorevole agli investimenti immobiliari quotati.

La strada verso una riforma necessaria

Promuovere un ambiente più accogliente per i Reit italiani richiede, secondo gli esperti, una riforma strutturale e fiscale mirata. Maurizio Dallocchio, ordinario di Finanza Aziendale presso la SDA Bocconi, sottolinea l’importanza di "vendere" ai potenziali investitori istituzionali e retail l’attrattività di includere i Reit nei loro portafogli. Il supporto a una maggiore liquidità e accessibilità nei mercati aiuterebbe a costruire un ecosistema più robusto e vantaggioso.

La spinta verso la "professionalizzazione e trasparenza", come auspicato da Fabrizio Testa, CEO di Borsa Italiana, potrebbe aiutare a invertire la rotta attuale, dove il peso dell’Italia è un modesto 0,2% nel mercato continentale dei Reit. Interventi mirati e un quadro fiscale più competitivo potrebbero avviare un rilancio sostanziale.

Il cammino da percorrere appare lungo, ma con una visione lungimirante e l’applicazione di misure incisive, l’Italia ha l’opportunità di recuperare il terreno perduto e di posizionarsi come un attore chiave nel mercato immobiliare europeo, rispondendo così all’appello per una "parificazione di trattamento" tra immobiliare e mobiliare auspicata da Paolo Savona, presidente Consob.

Fonte: www.ilsole24ore.com