Entro il 2030 sarà operativo un nuovo sistema di scambio automatico di informazioni sui beni immobili detenuti all’estero. L’iniziativa, sostenuta anche dall’Italia, coinvolge 25 Stati e punta a contrastare l’occultamento patrimoniale oltre confine.

Il 4 dicembre, venticinque Paesi hanno siglato una dichiarazione congiunta per dare vita a un sistema di scambio automatico di informazioni fiscali sugli immobili detenuti all’estero. Il nuovo fronte internazionale punta a individuare redditi da locazione e patrimoni immobiliari non dichiarati, inclusi quelli derivanti da affitti brevi e temporanei.
Tra i firmatari figurano l’Italia e gran parte dei principali Paesi europei – tra cui Francia, Germania, Spagna e Regno Unito – oltre a realtà extraeuropee come Brasile, Corea del Sud, Sudafrica e Nuova Zelanda. L’obiettivo è ambizioso: creare entro il 2030 una rete capace di garantire trasparenza e cooperazione tra le autorità fiscali.
Un modello ispirato allo scambio sui conti bancari e sulle criptovalute
Il nuovo accordo prende le mosse dall’esperienza maturata negli ultimi anni con il Common Reporting Standard (CRS), che ha rivoluzionato lo scambio di dati bancari, e con il più recente Crypto-Asset Reporting Framework (CARF), pensato per monitorare gli asset digitali. Strumenti che hanno già rafforzato la cooperazione internazionale in ambito fiscale, rendendo più complesso per i contribuenti occultare ricchezze all’estero.
Ora il focus si sposta su un ambito finora rimasto parzialmente scoperto: gli immobili. Il sistema permetterà di condividere tra Stati informazioni dettagliate sulla titolarità, la localizzazione e i redditi generati dagli immobili posseduti da soggetti esteri. Un cambiamento significativo, che mira a colmare un vuoto normativo sfruttato a lungo per eludere i controlli.

L’OCSE guida la svolta: operativo entro il 2030
L’accordo multilaterale è stato sviluppato sotto l’egida dell’OCSE e prende il nome di International Property Information Multilateral Competent Authority Agreement (IPI MCAA). L’entrata in vigore è prevista tra il 2029 e il 2030, ma l’impianto normativo è già in fase di definizione.
Secondo quanto indicato dal Ministero dell’Economia e delle Finanze, il sistema mira a stabilire standard comuni per lo scambio di informazioni immobiliari, garantendo equità e responsabilità. L’adesione di nuovi Paesi sarà incentivata con l’obiettivo di costruire una rete globale sempre più ampia e inclusiva, capace di tutelare i contribuenti onesti e scoraggiare le condotte elusive.
Gli effetti concreti per chi ha una casa all’estero
Per i contribuenti italiani già in possesso di immobili all’estero, la normativa non rappresenta una novità assoluta. L’Italia dispone infatti di strumenti di controllo che consentono di incrociare i dati ricevuti dagli altri Stati con le informazioni dichiarate nel quadro RW della dichiarazione dei redditi.
Chi detiene immobili fuori dal territorio nazionale è tenuto a dichiararli e a versare l’IVIE (Imposta sul valore degli immobili all’estero). Le omissioni possono far scattare controlli automatici da parte dell’Agenzia delle Entrate, che può iniziare con un semplice avviso, ma arrivare fino a un accertamento vero e proprio. Le sanzioni, in caso di mancata dichiarazione, possono arrivare fino al 25% del valore dell’immobile non indicato.

