Ristrutturare un appartamento da mettere a reddito conviene ancora: nel 2025 restano attive le detrazioni fiscali, anche se con aliquote diverse rispetto alla prima casa. Ecco tutto ciò che serve sapere, dai bonus disponibili ai requisiti tecnici e documentali.

Le agevolazioni fiscali che rendono più leggero l’investimento
Ristrutturare un immobile con l’obiettivo di affittarlo o rivenderlo non è solo una mossa strategica per aumentare il valore della proprietà, ma può rivelarsi anche un’operazione vantaggiosa dal punto di vista fiscale. Nonostante i costi spesso importanti — impianti, infissi, isolamento, bagno, cucina — anche nel 2025 il contribuente potrà contare su detrazioni fiscali che alleggeriscono il carico economico, riducendo l’Irpef in dieci anni. La normativa distingue chiaramente tra prima casa e altre abitazioni: le agevolazioni maggiori spettano a chi ristruttura la propria residenza principale, mentre per chi punta alla messa a reddito le percentuali sono più contenute.
Secondo Nicola Teofilo, esperto di Immobiliare.it, il meccanismo resta conveniente: “Le detrazioni agiscono direttamente sull’imposta da pagare, non sul costo dell’intervento. Il rimborso annuale, spalmato in dieci anni, consente di recuperare una parte consistente dell’investimento iniziale”. Nel 2025, la detrazione si attesta al 50% per la prima casa e al 36% per le seconde case o gli immobili destinati alla locazione, con un tetto massimo di spesa pari a 96.000 euro per unità. Ma dal 2026, si assisterà a un graduale abbassamento: 36% per la prima casa e 30% per le altre abitazioni, sempre con ripartizione decennale.
Bonus disponibili: quali scegliere per un immobile da mettere a reddito
I bonus attivi nel 2025 non sono tutti equivalenti, e in alcuni casi non sono cumulabili. Chi investe su un appartamento da affittare dovrà quindi valutare con attenzione quale agevolazione sia più adatta. Il Bonus Ristrutturazione, valido per interventi edilizi standard, offre una detrazione del 36% (salvo che si tratti di prima casa, dove sale al 50%). Dal 2026, l’aliquota scenderà al 30%.
In alternativa, l’Ecobonus e il Sismabonus restano in vigore ma non possono essere applicati alle stesse spese coperte dal Bonus Ristrutturazione. Dal 1° gennaio 2025, però, non saranno più agevolabili le caldaie uniche a combustibili fossili. Sono invece ancora ammessi: sistemi ibridi assemblati in fabbrica, pompe di calore (anche a gas), microcogeneratori e impianti a biomassa.
Come chiarisce Teofilo: “La regola di base è semplice: se l’immobile è a uso residenziale, la detrazione è valida, indipendentemente dal fatto che venga affittato, usato per locazioni brevi o lasciato sfitto. Fa eccezione il caso degli immobili strumentali di un’impresa, dove le agevolazioni non si applicano”.
Anche l’inquilino può beneficiare delle detrazioni, a patto che le fatture e i bonifici siano a lui intestati. E in caso di vendita o successione dell’immobile, le quote residue si trasferiscono al nuovo proprietario o all’erede, salvo accordi diversi.
Interventi ammessi: quali lavori permettono di detrarre le spese
Non tutte le opere edilizie danno diritto alla detrazione. Quelle ammesse sono principalmente interventi di manutenzione straordinaria, restauro conservativo o ristrutturazione edilizia. Per un immobile da mettere a reddito, le categorie di spesa ammissibili sono numerose e variegate:
- Efficienza energetica e comfort abitativo: sostituzione infissi, isolamento di pareti e solai, impianti fotovoltaici con accumulo, pompe di calore, sistemi di domotica (con obbligo di invio dati all’Enea entro 90 giorni dalla fine lavori).
- Accessibilità: installazione di ascensori, montascale, rampe per disabili, abbattimento barriere architettoniche.
- Sicurezza e funzionalità: rifacimento bagni, impianti a norma, autorimesse, impianti di allarme e videosorveglianza, cablatura, riduzione inquinamento acustico.
- Parti comuni in condominio: lavori su tetti, facciate, scale, gronde, cortili e impianti centralizzati.
- Manutenzione ordinaria: solo se riguarda le parti comuni condominiali (esclusa la tinteggiatura interna delle singole unità abitative).
La detrazione per i lavori in condominio si suddivide tra i condomini in base alla quota millesimale e all’importo versato. Nei condomini con amministratore, serve il bonifico parlante e la certificazione della spesa. Nei condomini minimi (fino a 8 proprietari), il pagamento può essere fatto da un solo condomino, ma deve indicare il proprio codice fiscale e conservare tutta la documentazione che prova l’intervento.
Adempimenti burocratici: documenti, titoli e imprese idonee
Accedere alle detrazioni non è automatico: serve una gestione amministrativa rigorosa. A seconda della tipologia di intervento, cambia il titolo abilitativo richiesto:
- Nessun titolo per lavori di edilizia libera (es. tinteggiature interne).
- Cila per manutenzioni straordinarie senza modifiche strutturali o prospettiche (bagni, tramezzi interni, infissi).
- Scia per interventi su strutture, facciate o restauro edilizio.
- Permesso di costruire per demolizioni, ampliamenti o sopraelevazioni.
Nei condomini, è necessaria la delibera assembleare e la notifica Asl in caso di più imprese coinvolte. Fondamentale è la scelta dell’impresa: deve essere iscritta al Registro Imprese, con Durc regolare e copertura assicurativa. Per gli impianti, è obbligatoria la conformità (Di.Co.) rilasciata da imprese abilitate secondo il DM 37/2008.
I bonifici devono essere “parlanti”, ovvero riportare: causale del pagamento, codice fiscale del beneficiario, e dati completi dell’impresa. In caso di errore, la detrazione può comunque essere salvata se l’impresa fornisce una dichiarazione sostitutiva che certifichi l’incasso e la corretta registrazione contabile.